Il tempo del loto

Il tempo del loto

Ed. L’Archetipo, Roma – 1989

Padma
Insieme
Al Palatino
Pareti
Autunno
Al cinema
Certezza
All’edicola
Opus incertum
La cultura
Rosa dei venti
Benessere
Saturnalia
La pelle
Festa
Martedì Grasso
In viaggio
Digitando
Il richiamo
Il nido
A lei
Vestale
Mulier
Angeli
Ricetta
Al mittente
Le margherite
Vernissage
Giardino
Picnic
Pasqua
Sopra Beirut
Primo verde
Gli indefessi
Amici
Ai fuorilegge
Aspromonte
Le barchette
Cortile
Il torchio
Roma
Al pincio
Caput mundi
La bandiera
Nascita
Girotondo
Trattoria Bell’Italia
In tipografia
Innamorati
La retorica
Metrò
Il solco
Il cielo
Kassel
Favignana
Amsterdam
Muradye a Bursa
Fuoco vivo
Il poeta

PADMA

Malgrado il gelo
tornerà l’aprile,
il loto fiorirà
malgrado il fango,
quanto più densa
e putrida è la melma,
tanto più dolce
si farà lo stame,
e le corolle
candide di neve
riscatteranno il nero
del pantano,
il penare segreto
di radici,
l’ostinata pazienza
della linfa,
che trae la vita
dove alligna il male,
che cerca il sole
dove il buio impera.
E gli uomini
saranno come loti,
emersi dal marciume
del padule,
le mani aperte
tenderanno al cielo
che li redimerà
con la sua luce.

VESTALE

Nove volte
ho lavato la cicoria,
ho passato la cera
ai pavimenti,
ho spolverato
tutta la mobilia,
per mio marito
ho fatto il minestrone:
è un toccasana
per la sua gastrite.
Mia figlia
vuole che le smacchi
e stiri
la gonna
per la festa di domani
e per il maschio
lavo biancheria
a ceste intere,
come a un reggimento.
Eccomi qua,
tra scope
stracci e panni
tra pentole
stoviglie
e detersivi,
angelo della casa
e pretoriana
del regno autoritario
degli affetti.
Ciascuno prende,
senza domandarsi
quanto di me s’annulla
e si consuma:
al pozzo
senza fondo
del mio cuore
un secchio attinge,
un altro colmo
sale.
Per non parlare
delle mie lezioni:
insegno
all’istituto commerciale
nelle classi serali
per adulti.
Lo faccio
per tenere su
il morale
e garantirmi
qualche autonomia,
per non arrugginire
la cultura
e avere
dei rapporti con il mondo.
Questo vuol dire
còmpiti e pagelle,
scrutini da stilare
a notte fonda,
mentre gli altri
già dormono da un pezzo.
Dovrei darmi per vinta,
ma non cedo,
non getto via la spugna.
Ho un espediente
per superare rabbia
e sfruttamento:
porto con me
dentro una valigetta
dei libri di poesia
e fogli sciolti
di versi che compongo
o che raccolgo
da artisti
che hanno dentro
fuoco
e canto.
Appena posso
apro quello scrigno
e come il vaso
arcano
di Pandora
musica e fiamma
nascono dal vento.
Ed io mi salvo
con l’incantamento.

MULIER

Metterà sempre
un fiore tra i capelli,
canterà lieta,
tesserà la tela,
ripulirà dal sangue
altari e soglie,
conserverà
la corda di liuto,
l’arnia del miele,
l’olio per il lume.
E quando, vinto
tornerai,
ché sempre
la vita
prima o poi
tutti ferisce,
avrà per te
rifugio di carezze:
la mano lieve
fatta per cullare
mano sapiente
nata per lenire.
Le sue dita
sapranno come fare
per chiuderti nel sogno
di un giardino,
dando al deserto
semi per fiorire.
Troverà sempre
spighe per il pane,
acqua nel pozzo,
gigli nel roveto.
Saprà come piegare
le ginocchia
per implorare grazie
dagli Dei:
per te,
per tutti,
prima che per lei.

VERNISSAGE

Prenda un marron glacé
un’aranciata,
metta una firma
sopra quel registro.
Le opere
che vengono qui esposte
sono state dipinte
dal Maestro
in un arco di tempo
molto vasto,
dagli anni Venti
fino ai giorni nostri.
La prego di notare
lo spessore,
le affinità elettive
con i grandi
del primo espressionismo
transalpino,
l’afflato introspettivo,
le valenze
fortemente romantiche,
impostate
nel segno di una certa
evanescenza,
i tagli nello spazio
alimentati
da luci ed ombre
in gioco sublimale,
certa gestualità,
le soluzioni
innovative,
figurali,
i tratti
di secca
psicologica portata,
l’assenza
d’ogni nota letteraria,
d’ogni compiacimento
nella forma.
Opere
meramente motivate
da un ductus che semplifica
ed accresce
la coscienza materica,
elevando
l’oggettivo rapporto
col visivo
sulla traccia
di un forte immaginario
dove il colore-massa
si fa luce,
sostanziato
in portanza del reale,
in fantasmico accenno
del formale.
Le scansioni
di spazi e di volumi
richiamano
la scuola futurista,
il neo-espressionismo,
l’avanguardia,
l’informale,
l’astratto ipertonale.
Nel “Nudo con levriero”
può notare
l’invenzione pittorica
la quale,
seguendo direttrici
intersecate,
converge verso un centro
ribadito
da un certo manierismo
iperreale.
Lo sviluppo semantico
è poi chiaro
nell’“Uomo al bagno”
che dimostra come
una qualche impellenza
nel fraseggio,
la ritmica
l’ambiente
si condensi
in forti suggestioni
corporali.
L’opera mostra
la dicotomia
tra macchie e grumi,
sbavature e spacchi,
in vibrante rapporto
introspettivo.
Il catalogo
costa ventimila,
acquistando un dipinto
è dato gratis.
Pagamento in contanti
o rateale,
assegni al portatore
o postdatati.
Gradisca una sangría,
una pizzetta,
un rustico,
una Coca,
una spremuta.
Bignè e tartine
sono terminati…

AI FUORILEGGE

Il pericolo c’è, fratelli miei,
che sparando, rubando e sequestrando,
vi riduciate senza compagnia,
in mezzo ad un deserto, un cimitero,
dove la gente onesta è sotterrata
e voi briganti rimanete soli
a guatarvi l’un l’altro, ché a quel punto
non troverete piú chi può subire
furti e rapine, e chi può finanziare
la vostra vita a sbafo, lavorando
per darvi la tangente ed il riscatto.
Non ci saranno contadini al campo,
né pastori sul monte, e alla marina
non aleranno barche i pescatori
e non avrete panedai fornai,
dai preti l’olio santo e l’indulgenza.
Non avrete dentisti né dottori,
non sentirete rime dai poeti
per accordare pace al vostro cuore.
Vivrete solitari come iene,
mendicando un sorriso, una parola,
e sarà tardi per piantare il seme
che faccia rifiorire sulla terra
l’amore vero, la persona buona.
Sarà tardi, fratelli, troppo tardi.

LE BARCHETTE

– Eccellenza, son pronto,
mi comandi.

– Telefoni alla Borsa
e mi ragguagli
sugli indici
fissati dal mercato,
sulle azioni
quotate in Piazza Affari.
Vorrei sapere
come vanno i fondi
e i tassi d’interesse
eurodivise
in base alle sterline
ed ai marenghi
valutati in argento
ed oro fino.
Telefoni a Zurigo,
Tokio e Londra,
per controllare
se le loro Borse
hanno variato
il tono dei listini,
e poi m’aggiorni
sulla Situazione
della cordata
al Credito di Sesto,
quella alla Finconcimi
e alla Fincasse.
Mi fornisca le quote,
i dividendi
e il fatturato
dell’Eurosalumi.
Dobbiamo realizzare
la fusione
con gli azionisti
dell’Euromercati.
Scade l’opzione
per la Fintappeti,
non voglio che mi sfugga
quell’affare.

– Vado, Eccellenza,
corro ad eseguire.

– Io sono un finanziere
d’alto bordo
e quello appena uscito
il faccendiere.
Penso la notte
a cosa fare il giorno
e lui mi tiene il sacco,
m’asseconda.
Non ho bisogno
d’altri dipendenti,
di segretarie
ed amministratori.
Da questo appartamento
al quinto piano
di un grattacielo
di Milano centro
controllo
l’universo della Borsa,
eseguendo
le mosse della dama
e mangio ditte
al posto di pedine,
metto le mani
su miniere e banche,
in un sottile gioco
di ricatti,
di scambi,
furti,
prestiti
e cessioni
che mettono in ginocchio
i concorrenti,
finché non si rovinano
del tutto.
E quando questo accade
io mi diverto
a farne una barchetta
con il nome,
come quelle
dei giochi dei bambini,
con la comune carta
di quaderno.
Ecco, vedete,
ne ho già fatte nove.
Ancora un’altra
e mi daranno un premio:
sarò promosso
membro della lobby
che ha sede a Londra,
anonima, s’intende.
E quando le barchette
sono cento
farò parte del Gruppo
dei Maggiori
nella lobby mondiale
a Baltimora.
Governeremo il mondo
solo in dieci…

– La Fintappeti è nostra,
Sua Eccellenza!

– S’unisce alla flottiglia
un’altra nave.
Nel mare sconfinato
del potere
io sono un ammiraglio
vittorioso.
Per soggiogare il mondo
e le nazioni
usava truppe ed armi
Bonaparte,
generali, cannoni
e strategia.
A me bastano
i fogli di un quaderno,
carta comune,
e la partita è vinta.

IL POETA

Consumata la gloria
resta solo,
radunando
col flauto delle rime
il gregge sparso
delle sue parole:
caddero
ebbre
al plauso della folla,
stordite
ai fumi dell’incensamento.
Rimane presso il fuoco,
o riparato
da un’ombrella di verde,
a ricomporre
l’imbrogliato mosaico
della mente
frammentato
in tasselli
d’emozioni.
Guarda assorto il trofeo:
una gran coppa
pretenziosa di forme,
rutilante
di placcature d’oro
e fregi a sbalzo.
Medita
serio
a cosa destinarla:
un fermacarte,
un portapenne,
un vuoto
monumento
all’effimero dell’arte.
Ma subito dimentica
e s’avvia
con zufolo e vincastro,
Musa e cuore,
e le parole
docili
a seguirlo.