Mail da Furbonia

di Andrea di Furia

La rete! Non avrebbero potuto coniare termine piú adatto a simboleggiare la pania radioteleinformatica nella quale siamo invischiati un po’ tutti: un intreccio di onde, frequenze, linee, bande ed impulsi. Siamo talmente circondati, assediati quasi, da congegni digitali e telematici, che può accadere di incappare in un’interferenza, in un accavallamento di megahertz. Può succedere, insomma, che telefonando a un amico, a un socio o a un parente, la nostra linea venga ad intersecarsi con un’altra, e senza volerlo si finisca con l’ascoltare una conversazione intima, segreta, o peggio compromettente. Tipo agenti segreti che fissano l’ora X, capi di Stato e di industria che rivelano complotti, strategie, intese per alleanze, scalate, operazioni di alta e bassa finanza. Può verificarsi cioè che senza volerlo diventiamo testimoni e depositari di verità e rivelazioni sconvolgenti e non sappiamo come comportarci: se parlarne ad altri, se confidarci al nostro partner, se andare a fare un esposto alla polizia o se annotarle in un diario. Questo qualora si tratti di un intreccio telefonico, ma può anche riguardare un casuale imbattersi in uno scambio di e-mail tra due personaggi a noi del tutto sconosciuti, che per la loro importanza sociale, culturale e politica risultano scottanti, da prendere cioè con le molle e con la dovuta considerazione.

Peggio (o meglio?) se la fortuita scoperta si riferisce a uno scambio di messaggi via posta elettronica nientemeno che tra due creature delle tenebre, ovverosia tra due autentici diavoli, con coda, corna e forcone, fedeli cioè all’iconografia classica che un tempo spaventava a morte i credenti, e in qualche modo impensieriva persino gli atei. Adesso però, con la creazione dei mostri orrorifici di ogni genere e forma, assurti all’uso di dilettevoli giocattoli e passatempi videotelevisivi soprattutto per l’infanzia, quelle figure che tormentavano anacoreti e clarisse sono diventate quasi gradevoli e rassicuranti.

Una simile interferenza casuale, anzi accidentale e reiterata, è capitata all’Autore del presente volume, mentre si aggirava, come tanti altri perlustratori dell’etere, per i meandri della rete, e dalla dimensione dell’etere è passato, sconfinando, in quella “eterica”. Qui si è imbattuto in due personaggi bazzicanti quel mondo infero che John Milton, nel suo Paradiso perduto, chiamava Pandemonio.

Eh sí, Andrea di Furia, senza averne l’intenzione, ha interferito nello scambio di idee e confidenze tra due diavoli, nipote e zio, Giunior Dabliu Berlicche e Malacoda per la precisione, rimanendo basito per l’acume dei concetti espressi nella corrispondenza, arrivando alla conclusione che, in fondo, checché se ne pensi e ipotizzi normalmente, il diavolo non è poi cosí brutto come lo si dipinge. Anzi, si potrebbe persino variare l’antico adagio popolar-scaramantico, aggiungendo o sostituendo all’aggettivo “brutto” il termine “cattivo”. E ciò perché chi ha letto le lettere di Giunior Dabliu pubblicate mensilmente dall’Archetipo e ora incorporate nel presente libro, ha imparato con sorpresa, alla fin fine, che il giovane diavolo iscritto alla prestigiosissima Furbonia University per diventare top manager della tentazione, ovvero per acquisire il master in damnatio administration, volutamente o sbadatamente, con l’apparente intenzione di scambiare con suo zio Malacoda sulfuree e velenose maldicenze, finisce in realtà col fornire al lettore un robusto vademecum. O, per adeguarci al trend linguistico della geopolitica, una road map utile a districarsi nel ginepraio di peccati e seduzioni approntato dalle forze del male con piú o meno efficacia esecutiva, per condurre l’uomo debole e fallace verso l’esito ultimo della perdizione.

Per dirla tutta, le lettere di Giunior Dabliu allo zio Malacoda, argute e fantasiose, volendo attizzare una velenosa polemica contro il Master Truffator, il preside usurpatore del nonno Berlicche, non fanno altro invece che svelare al lettore gli inganni e i sotterfugi messi in atto con maligna astuzia – ma anche con una scioccante ingenuità e un quasi angelico candore – sia dalla genía ahrimanica iscritta alla Furbonia University, sia da quella luciferica della piú sofisticata concorrente Fanatic University. Una subdola strategia praticata lungo il percorso che l’umanità sta compiendo per trasumanare dalla condizione materiale a quella spirituale.

Giunior Dabliu scopre cioè gli altarini, e mai definizione fu piú appropriata per indicare un imbarazzante doppio senso, poiché anche le gerarchie sataniche hanno i loro procedimenti liturgici e celebrano riti dedicatori ex adverso. Segreti e bugie vengono pertanto spiattellati e si appura cosí che non è tutto fuoco quello che brucia nei gironi dove si imbastiscono le congiure miranti al traguardo finale della rovina animica dell’uomo. Ben altro bolle in magma!

L’esito della grande scommessa, della sfida cioè che venne lanciata nel tempo prima dei tempi tra Dio e Satana, non è in definitiva già scritta e scontata. Nell’ambientino infernale, dove è tutto un marasma di intrighi e veleni, una specie di succursale di Casa Borgia, vi è un lato debole, il tallone d’Achille, il ventre molle della bestia attraverso il quale la lancia dell’Arcangelo Michele instillerà alla fine la dolcezza di una salvifica panacea.

In tal senso, per la verità, non ha mai del tutto convinto chi mastica un po’ di conoscenza teologica e misterica, il fatto che Bene e Male, Dio e Satana, a un certo punto si siano dichiarati una guerra senza quartiere, all’ultimo crisma, al termine della quale avrebbe vinto non il migliore, ma chi avesse puntato sulla riuscita o sul fallimento della creatura umana. Non si giustifica infatti la tesi propalata dalle maggiori credenze religiose secondo cui, al termine della vicenda terrena, il percorso karmico dell’uomo si divarica in due uniche direzioni: il Paradiso per i virtuosi ad oltranza, l’Inferno per i peccatori irredimibili. Ora, con tutto il rispetto per i dogmi e per Dante Alighieri e gli altri autori che si sono cimentati a figurarsi, con piú o meno vigore profetico e poetico, la condizione dell’anima umana dopo la morte, non è giustificabile che Satana commini punizioni atroci a chi lo ha fedelmente servito peccando a tutto spiano, e magari inducendo anche altri a farlo. Ci si aspetterebbe, secondo la par condicio, che gli venisse invece riservato un trattamento a cinque stelle, magari nere, né piú né meno di quanto viene riconosciuto a chi trascorrerà l’eternità tra i cherubini. Mostrando invece un Satana che esegue per conto del Creatore la condanna dei trasgressori e commina loro pene e supplizi, lo si omologa in un certo qual senso ai procedimenti della giustizia divina veterotestamentaria. Un collaboratore, dunque, e in definitiva non quell’avversario che certa letteratura gotica ha amato descrivere e un’apocalittica teologia ha confinato nei miasmi paludosi del Regno dell’Abisso.

È questo il Satana che figura per la prima volta nel biblico Libro di Giobbe, e che prosegue nelle varie sue figurazioni e denominazioni, vuoi letterarie vuoi religiose, quali Ahrimane della tradizione mazdaica, per approdare nell’emblematica figura di Mefistofele nel Faust di Goethe, un’entità in qualche modo consenziente, se pure in maniera ambigua, a fustigare l’uomo lungo il tormentato percorso della sua autorealizzazione, non data però per scontata.

Dalle implicazioni didattiche riscontrabili dietro il velame dei concetti strani espressi lungo tutto il dipanarsi della corrispondenza tra i due diavoli, si coglie, insieme alla deliberata o inavvertita azione informativa sui metodi con cui opera il Tentatore, una propensione a educare e ad impartire direttive, per quanto assurdo appaia dirlo o solo pensarlo, addirittura moraleggianti, quasi che parlando alla nuora, come recita l’adagio, si voglia che suocera intenda.

Che sia dunque questa l’allusione dell’Autore, e che cioè dietro le allegorie e le metafore contenute nello scambio epistolare fra Giunior Dabliu e suo zio Malacoda – finito poi suo malgrado in un luogo che mai un diavolo si sarebbe aspettato – si celi un ammaestramento per l’umanità impazzita di oggi? Che il “dossier Furbonia” valga quindi come avviso, ammonimento, segnale per indicare l’uscita di emergenza dall’edificio della civiltà che sta bruciando col fuoco di un inferno alimentato dall’uomo stesso e dalla sua maldestra sicumera di apprendista stregone? A voler ben leggere tra i caratteri del carteggio diabolico, si arriva alla conclusione che sia proprio cosí.

E del resto, la situazione del mondo globalizzato è tale, dal punto di vista sociale come da quello etico, che persino un fautore del male è portato, per decenza operativa e per rispetto dei codici universali, a stigmatizzare le variegate trasgressioni da parte della creatura, che in realtà ne sa una piú del diavolo. Tutte le birbanterie messe in campo da politici, finanzieri, falsi maestri, autentici tagliaborse, speculatori, arruffapopolo, guerrafondai e demagoghi vengono colpite dagli strali sulfurei di Giunior Dabliu nei suoi elaborati scolastici in vista dell’ottenimento del master in damnatio administration. Ed è lo stesso Giunior Dabliu che, indicando allo zio tutto il vasto repertorio delle debolezze umane, contemporaneamente rivela e definisce con meticolosa precisione le altrettanto numerose armi di deterrenza interiore che derivano all’uomo dalla sua natura divina, ma che vengono da lui puntualmente ignorate o lasciate inoperose.

Andrea di Furia ci conduce con garbo poetico ed estrema arguzia narrativa, grazie a una vocazione non solo intellettuale ma anche spirituale, attraverso suggestioni ed impatti al calor bianco.

O per essere piú esatti alla luce di inaudite rivelazioni.

Al pari di tutte le storie, anche la sua contiene una morale da carpire al di là di ogni razionale o fantasioso punto di vista. Quella ricavabile dalle e-mail di Giunior Dabliu ci porta a concludere che, assodata la dualità bene-male insita nell’uomo, sta a lui privilegiare con le sue azioni l’uno o l’altro dei due princípi, e ciò in assoluta libertà di scelta, ferme restando le insidie praticate dai rozzi studenti della Furbonia University ahrimanica, cosí come da quelli della piú sussiegosa Fanatic University luciferica.

Con l’imprevedibile finale che premierà sia i protagonisti della storia sia la perseveranza del lettore.

Dulcis in fundo, dunque, e questa volta l’adagio va lasciato com’è.

Fulvio Di Lieto